Nel precedente numero di Gorizia Europa abbiamo pubblicato una proposta a cura del nostro consigliere comunale Marco Rossi per la promozione di un’area transfrontaliera senza confine e senza barriere normative come strada anche per promuovere gli investimenti. Marco Rossi è partito da qui per dialogarne con l’imprenditore Boris Peric.
Hai avuto modo di leggere la proposta pubblicata sul numero di dicembre di GORIZIA EUROPA. Che ne pensi?
Penso che ci dobbiamo chiedere, in realtà, se l’idea di un territorio in declino sia poi effettivamente rispondente alla realtà. Guardando ad un’area più vasta, è facile osservare come, da un lato, i fondamentali indicatori del potere d’acquisto, del reddito disponibile, della disoccupazione non siano assolutamente drammatici. E, anzi, vi sono importanti realtà produttive nell’Isontino, così come nel Litorale sloveno. Insomma, è una narrazione che non mi convince del tutto. E da qui bisogna partire per capire quali potrebbero essere i potenziali vantaggi di iniziative territorialmente mirate a quest’area transfrontaliera.
Puoi spiegarci meglio?
Rischiamo di avere una prospettiva distorta e non realistica, condizionata da un punto di vista, quello della città di Gorizia, che è molto particolare e decisamente parziale. È a Gorizia che il declino del commercio, storico settore di punta dell’economia cittadina, e la fine dell’economia confinaria, hanno colpito maggiormente. Un problema, quindi, geograficamente ben localizzato e che si confronta con situazioni, a distanza di pochi chilometri, ben diverse. L’Isontino nel suo complesso vede a Monfalcone un’area assolutamente dinamica, e anche tutta la Slovenia occidentale presenta fondamentali economici decisamente migliori del resto del Paese. Se oggi la Slovenia dovesse interrogarsi su quale area del suo territorio ha bisogno di politiche di sviluppo, guarderebbe alla Slovenia orientale, mentre tutta la parte occidentale e quindi anche quella prossima al Goriziano presenta dati decisamente superiori alla media. Per avere un riferimento il reddito pro-capite nel goriziano sloveno raggiunge il 90 % rispetto alla media dell’intera Slovenia con invece la parte orientale al 82%. La zona più sviluppata e l’area centrale con Ljubljana, che realizza un reddito pro-capite del 144 % rispetto alla media nazionale. Questo va considerato perché da un certo punto di vista confligge con una narrazione sul declino economico del territorio: ma qui va compreso che il problema è essenzialmente la città di Gorizia, più che il territorio.
E, aggiungiamo noi, probabilmente per l’Italia stessa l’attenzione è puntata sul Mezzogiorno. Ma quindi perché è così difficile attirare investimenti?
Bisogna sempre avere in mente che il mondo è globalizzato, anche al netto delle tensioni internazionali oggi esistenti. Per un’impresa la scelta di dove collocare un investimento segue a tutta una serie di valutazioni, dove non pesa soltanto il carico fiscale. Ad esempio, non dobbiamo dimenticare come in tutto il Friuli Venezia Giulia e anche nel Litorale sloveno sia ormai diventato molto difficile reperire tutta una serie di figure professionali: chi investirebbe in un territorio dove poi rischierebbe di non trovare le figure qualificate di cui ha bisogno? È un problema che non si può sottostimare e meriterebbe la giusta attenzione.
La tua riflessione, dunque, per Gorizia?
Gorizia, ormai da decenni, una volta esauritasi la storia del settore tesile e dell’industria legata alla zona franca, non è un polo industriale. Si è sviluppata come centro vocato al terziario (servizi, commercio, terziario avanzato, imprese culturali). Allo stesso tempo è una città medio-piccola: bisognerebbe quindi interrogarsi soprattutto su come mantenere e migliorare una certa qualità dei servizi che, per una città delle nostre dimensioni, fa la differenza e la rende attrattiva. La qualità della vita è oggi ciò che conta e ciò che rende attrattivo un territorio. Inoltre e importante valorizzare la particolarità interculturale, città di incontro, che la rende diversa e interessante.